Jorrit Tornquist nasce a Graz (Austria) nel 1938. Nella sua città compie gli studi di biologia e d'architettura e muove i primi passi nel mondo artistico. Dal 1964 vive in Italia, dal 1992 ottiene la cittadinanza italiana pur mantenendo quella austriaca. La sua ricerca, fin 1959, è un appassionato studio del colore, sia nel suo rapporto con la luce e con la superficie del dipinto, sia nelle sue potenzialità di azione sull'ambiente, soprattutto in ambito architettonico. Il suo approccio alla pittura è sempre di tipo scientifico: una ricerca che tende, soprattutto nelle ultime opere, alla materializzazione dell'oggetto attraverso la luce e che si rivolge non solo alla percezione del colore e al suo rapporto con la luce, ma anche alle sue funzioni in natura e agli effetti psicologici sull'uomo.
Jorrit Tornquist è anche un color designer: progetta l'aspetto cromatico di edifici e costruzioni affinché si inseriscano meglio nell'ambiente circostante. Dal 1965 espone le sue opere in importanti gallerie e spazi pubblici sia in Italia che all'estero, ottenendo anche numerosi premi e riconoscimenti. Dal 198o Tornquist è molto impegnato anche nell'attività didattica, insegna infatti all'Istituto Europeo del Design di Milano, alla Facoltà di Architettura all'Università di Graz, all'Accademia di Belle Arti di Bergamo e al Politecnico di Milano. Nel 1986 Jorrit Tornquist è invitato alla XLII Biennale Internazionale di Venezia nella mostra: Arte Scienza e Colore con Veronesi, Le Parc , Munari, Vasarely, Max Bill, Loshe, Albers e Fontana.

Mostre personali

"A FRANCO ROSSI PIACCIONO I ROSSI"
I rossi sono tanti in natura: le rose che lui ama regalare a sua moglie Renata, i gerani, le fucsie, i papaveri — tutti belli, come Renata dai capelli rossi. È anche il colore del sangue, la cresta del gallo. Ci sono tantissimi pigmenti rossi per fare pittura rossa, a vari prezzi, e diversa durata alla luce. Lacca di garanza, rosso indiano, terra di Pozzuoli, rosso tiziano, rosso sandalo, arancio indantrene, lacca geranio, vermiglione, sangue di drago, arancio d'Avignone, lacca arancio, lacca rosa, rosso permanente, rosso di Venezia, scarlatto, minio, kermes, rosso di robbia, oricello, rosso di cadmio — che costa molto, ma è anche molto stabile alla luce. I signori Rossi sono tanti, ma di Franco Rossi in quanto Gallerista d'Arte ce n'è uno solo, non parliamo di prezzi, ma di durata nel tempo. Franco Rossi resiste ad intemperie e non solo — non resiste però a cene dionisiache che farebbero impallidire gli antichi romani, ed alle geometrie dell'universo, come Pitagora, e all'arte. Ha tramato la sua ragnatela "Studio F.22 modern art gallery" in centro a Palazzolo, tra banche che lo circondano e che vi s'intrappolano come mosche; è difficile dire se senza Franco Rossi, figlio di Tùxn, a Palazzolo ci sarebbero così tante banche, o se senza le banche forse mancherebbe anche Franco Rossi. Non si sa se è nato prima l'uovo o la gallina, ma in quel luogo si è creata una situazione dorata. Palazzolo è sulla giusta sponda del fiume Oglio, esso è largo abbastanza per non saltare da una sponda all'altra, perciò F.22 se ne sta non nel Bergamasco dei tirchioni, ma sulla sponda bresciana degli spendaccioni; nonostante questa fortunata coincidenza, Franco Rossi è un tipo eclettico, sceglie con accuratezza le opere senza sottostare a mode commerciali. Ed ora con fanfare e tamburi: penso qui alla fioritura di un'arte dalle strutture primarie, un'arte orientata al superamento dei confini tradizionali; un'arte esigente, che rivendica l'assoluto dell'universo. Quest'arte, quando Franco Rossi iniziò è stata una sfida, non soltanto verso il pubblico, ma anche verso istituzioni e collezionisti, con le loro modalità di pensiero. E non mi riferisco qui solo al problema delle opere, era in gioco molto di più, capire in che relazione si ponesse questo tipo di arte con il sociale, in un periodo in cui essa costava relativamente poco; oggi quegli autori sono considerati maestri, con assoluto incremento di valore. Chi si è affidato allora al fiuto e alla capacità di Franco è oggi sicuramente ricompensato, infatti gli spazi in cui originariamente quest'arte è stata esposta, osservata e discussa appartengono anch'essi per sempre alla storia di questo movimento artistico epocale, come F.22 a Palazzolo sull'Oglio. Al gesto elementare della ricerca dell'essenza pura, del superamento e della riduzione, propri dell'arte di quegli anni, appartiene anche il fatto che tale arte ricercava luoghi specifici per una sua collocazione, con forte consapevolezza e precisione. Franco Rossi ha sempre messo al centro la solennità spirituale dell'opera. Non dobbiamo sottovalutare l'influsso che queste esperienze fondamentali nella presentazione e nella fruizione dell'arte, così come l'interazione fra l'arte e la riflessione elementare sulla vita, hanno esercitato sulla nuova comunicazione visiva, che ovunque si è andata poi sviluppando negli anni Ottanta. E se le applicazioni che ne sono nate sono risultate in certi casi infelici, questo è dovuto proprio al fatto che di questi insegnamenti non si è fatto abbastanza tesoro. Qui si dimostra una grande acutezza di pensiero in questioni relative alla rilevanza e alla qualità ad un alto livello. ... Ma a Franco piacciono anche i verdi e soprattutto il countrygreen delle automobili inglesi.
Jorrit Tornquist